Per i 150 anni dell’Istituto Magistrale

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benjaminAgli inizi degli anni Ottanta dell’Ottocento, la Gazzetta di Benevento, con una serie di articoli, metteva in evidenza come la Scuola normale femminile non fosse adeguata al compito assegnatole, per cui ne chiedeva addirittura la soppressione …

quando fu istituita in Benevento un’incompiuta scuola normale femminile, essa fu detta preparatoria, e ci si promise che col volgere di qualche anno sarebbe addivenuta una scuola normale … invece il numero degli alunni raddoppiò, ma mancavano gli insegnanti patentati sia per l’insegnamento dell’italiano[1] che per le altre materie che, insieme ad altre manchevolezze fa scrivere … ma poi è cotanto indispensabile l’istituto normale femminile in Benevento che, non potendo ottenerlo compiuto , dobbiamo essere paghi di un abbozzo, di un’ombra dello stesso. Noi crediamo invece che mancando in questo capoluogo una scuola magistrale maschile, la scuola normale femminile, se anche fosse compiuta, costituirebbe una mera superfluità, da non poter essere giustificata dai bisogni della provincia[2].

 

In questa campagna di denigrazione, la voce de La Gazzetta era sostenuta anche da un altro giornale “La Costituzione†che scriveva … si chiuda adunque, che sarebbe la miglior cosa. Finalmente poi questa necessità dell’istituto magistrale noi non la vediamo: anzi, a dirla in confidenza, noi siamo d’avviso che essa sia una spesa inutile.

 

Bisogna dire che, fin dal 1873, La Gazzetta di Benevento, aveva posto il problema dell’istituzione di una Scuola Normale Maschile … non crediamo inutile ripetere ciò che tante volte abbiamo detto, che cioè sia cosa non solo utilissima, ma necessaria per Benevento di trasferire quivi la scuola normale istituita in S. Bartolomeo, ove non rende che scarsi frutti, per dar fino all’anomalia che in un capoluogo di provincia debba esservi la scuola normale femminile, senza la maschile, e che più importa il migliorare l’istruzione delle donne che quella degli uomini .

Interventi duri, soprattutto perché negli anni precedenti il settimanale si era speso molto perché venisse istituito nel capoluogo sannita l’istituto normale femminile. Quale la motivazione di un cambiamento di prospettiva così radicale?

Non certo perché l’istituto non era stato ancora riconosciuto paritario ma perché nel capoluogo mancava ancora un istituto normale maschile e, se in fondo la polemica era giusta, il modo in cui fu portata avanti rivelava i limiti di una società marcatamente patriarcale dove la donna, nonostante l’elogio fattene anche dalla Gazzetta in altre occasioni, non poteva avere ciò che non veniva concesso agli uomini e rivela come, partita da uno slancio idealistico, la borghesia intellettuale beneventana, dalla fisionomia agraria, si adagia sulle rassegnate certezze di una concezione dell’esistente: quieta non movere!    

Nello stesso anno, anche il prefetto Gaetano Cordera, all’apertura della sessione, aderendo alle premure del Ministero della Pubblica Istruzione, investì il Consiglio Scolastico Provinciale, nel suo discorso di apertura della sessione ordinaria del 1873, della necessità di istituire una Scuola Normale Maschile perché … sarebbe quindi opportunissimo che si facesse per i maestri ciò che già si fece pelle maestre, disponendo che i giovani dai 15 ai 18 anni potessero essere raccolti in un convitto ed educati alla carriera del maestro mediante un corso di studi confacenti alla vocazione[3]

Fu subito istituita una Commissione che dopo molte discussioni, redasse uno schema di progetto che fu anche approvato, ma nella seduta del 20 ottobre del 1875, il Consiglio deliberò negativamente in quanto … le ristrettezze condizioni del bilancio non permettono addossarsi un peso così grave senza un più rilevante concorso da parete degli altri Comuni della Provincia, per cui delibera respingere l’incartamento della deputazione provinciale

Gli editoriali della Gazzetta finirono col diradarsi sempre di più in quanto nel 1884 l’Istituto divenne parificato e due anni dopo fu regificato, cioè diventò statale, ma la polemica, per l’istituzione di una scuola magistrale maschile[4]durò ancora alcuni fino a quando l’Istituto normale maschile non fu aperto a Benevento e nel 1887, come riporta La Gazzetta di Benevento del 20 novembre, il Comune avvertì la necessità di destinare … un decente locale anche alle scuole elementari maschili che non sono meno importanti delle altre e che furono sempre allogate in case disadattate e tutt’altro che decenti.

La sede scelta riguardò una parte del convento dei riformati attiguo al tempio della Vergine delle Grazie … che può non ritenersi inferiore a quello assegnato alle scuole femminili[5].                              

Bisogna dire che l’istruzione popolare ancora tra fine Ottocento e il primo ventennio del Novecento, stentava molto in quanto ancora si riteneva che nel binomio istruzione - educazione era necessario dare maggiore spazio alla seconda che alla prima, come enunciò chiaramente il ministro della pubblica istruzione, Guido Baccelli, nell’introduzione alla riforma del 1894 … istruire il popolo quanto basta, educarlo più che si può. Bisogna far solo leggere e scrivere. Non devono pensare, altrimenti sono guai.

Comunque, la Scuola Normale aveva superato le difficoltà iniziali che stavano per provocarne la chiusura e già nel primo decennio del Novecento le iscrizioni, sempre poche in relazione al bisogno reale della provincia, quasi quintuplicarono rispetto al tempo in cui la Scuola normale fu istituita:

1874 – 1875:

n. 26 alunne: una classe preparatoria con 3 alunne, una prima classe con 13 alunne, una seconda classe con 5 alunne e, infine, una terza classe con 5 alunne.

1910 – 1911:

n. 99 alunne che formarono una 1^ Normale A con 28 alunne + una 1^ Normale B con 26 alunne e poi una 2^ Normale con 28 alunne e una 3^ Normale con 17 alunne.

Il corpo insegnante era formato da 10 docenti più 5 maestre per la scuola elementare di tirocinio e, infine, era annesso all’Istituto un Giardino d’Infanzia con una maestra giardiniera.

 

Nel suddetto anno, la Scuola Normale Guacci, pur essendo stata autorizzata dal ministero di poter accogliere … le domande dei giovani allievi maestri per la iscrizione al Corso Normale, in seguito alle pratiche avviate per la promiscuità della scuola … il Presidente, nell’adunanza del 2 ottobre del 1911 riferì che la scuola non sarà affatto promiscua, come si era tentato di renderla[6] … bisogna attendere la riforma Gentile del 1923 che trasformò la vecchia Scuola Normale Femminile in Istituto magistrale, senza l’aggiunta di femminile, per cui, finalmente, anche i ragazzi ebbero la possibilità di iscriversi e poter frequentare l’Istituto

Nonostante alcune riforme scolastiche importanti nel primo decennio del Novecento, le condizioni complessive non cambiarono perché quasi immutate erano rimaste quelle socio - economiche: un’agricoltura povera, amministrazioni comunali sempre sull’orlo del fallimento e i Sindaci sempre pronti a non tener conto delle varie riforme ministeriali. In Italia vi erano ancora 11 milioni di analfabeti, i maestri dovevano vivere di sacrifici, l’edilizia scolastica era in condizioni paurose come aveva registrato l’inchiesta dell’ispettore generale della Pubblica Istruzione Camillo Corradini nella relazione presentata al governo nel 1911.

Le giovani, una volta superato l’esame finale, quasi sempre erano destinate a spostarsi dal Proprio Comune con tutte le difficoltà che ciò comportava, soprattutto

perché Sindaci[7] del paese spesso abusavano del proprio ruolo creando gravi problemi alle insegnanti.

Voglio ricordare la storia di Italia Donati[8], una maestra, scrive Carlo Paladini, nell’inchiesta fatta per il Corriere della Sera nel 1886, … giovanissima e bella assai. Di forme scultoree, di personale alto, elegante, con un visino affilato e una grazia non comune tra le fanciulle di pari sue, di modi gentili e affabile con tutti, s’era acquisita la simpatia di quanti accostandola si sentivano attratti dalla sua fiorente giovinezza.

Di famiglia molto modesta, ma brava a scuola, con molti sacrifici conseguì il diploma che le permise di poter insegnare. Aveva 23 anni e fu assegnata nel paesino di Porciano che distava circa 10 km da Cintolese che era il suo paese. Appena arrivata, sistematasi, per necessità, in una delle abitazioni del sindaco, iniziò a subire delle pesanti molestie a cui riuscì a sottrarsi.

Pettegolezzi, ironie, però, non si fecero attendere per cui la maestra fu ritenuta una poco di buono e dopo essere stata accusata, senza alcuna prova, di aver abortito con l’aiuto del Sindaco, fu trasferita in un altro paese, ma … una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale, come una freccia dall’arco scocca corre veloce di bocca in bocca … per cui arrivò prima la notizia e poi la maestra[9]!

E, in effetti, arrivò prima la notizia e poi la maestra!

Il paese si ribellò per la presenza di questa maestra … così svergognata … che la sera del 31 maggio 1886 camminando nel buio del paese arrivò alla gora del vecchio mulino ad acqua e vi si lasciò cadere trovando la morte.

Non senza aver lasciato un biglietto scritto al fratello dove chiedeva di essere portata nel suo paese e… prendi il mio corpo cadavere e dietro sezione e visita medico - sanitaria fai luce su questo mistero. Sia la mia innocenza giustificata.

L’autopsia accertò che la maestra era morta vergine.

È noto, concludeva il giornalista che le povere maestre, nei piccoli comuni, sono spesso soggette di indegne persecuzioni che le pongono nell’alternativa di darsi al prepotente del luogo o morire di fame.

Il caso di Italia Donati non fu il solo, come scrisse Matilde Serao in come “Come muore una maestra†dove riportava altri tre suicidi di maestre dovute, come diremmo oggi, a molestie sessuali.

La Scuola normale è stata l’avamposto della lotta all’analfabetismo, ha imparato a leggere, scrivere e far di conto ad intere generazioni di sanniti, ai nostri nonni, ai nostri genitori e nel tempo ha saputo sempre coniugare la tradizione con l’innovazione che hanno portato l’Istituto a confrontarsi con realtà scolastiche nazionali ed europee che si sono rivelate esperienze importanti per gli alunni, per i docenti e per l’intera vita scolastica sannita.

Per cui una scuola nata tra molte difficoltà e percepita, anche in un recente passato, come scuola di serie B, non solo, nel tempo, ha lottato e sconfitto l’analfabetismo, ma è stata protagonista di un profondo rinnovamento didattico – metodologico che ha finito col coinvolgere le altre scuole del capoluogo e della provincia

Mi avvio alla conclusione formulando gli auguri per le prossime festività natalizie a tutti gli amici e colleghi che hanno voluto essere presenti a questo incontro per i 150 anni di vita dell’Istituto Guacci e agli alunni qui presenti e a quelli che nelle loro classi ci stanno ascoltando ai quali voglio ricordare la grande e irripetibile opportunità che stanno vivendo perché i libri e l’istruzione più di ogni altra cosa spingono ad odiare qualsiasi forma di tirannide e permettono di costruire, con gli insegnanti, quello spirito critico, quell’autonomia di giudizio che soli rendono l’uomo libero … non lasciatevi intrappolare dai dogmi, non vivete seguendo il pensiero degli altri né lasciate che il rumore delle opinioni altrui lasci affogare la vostra voce interiore, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e il vostro intuito[10] … per dare davvero un contributo fattivo per la costruzione di un mondo che ritrovi il senso dell’umano che, a mio avviso, stiamo perdendo o già, forse, abbiamo perso. La conclusione del discorso di Steve Job rinvia all’ AUDE SAPERE di kantiana[11] memoria che in uno scritto sull’Illuminismo ricordava: non abbiate paura di servirvi della vostra intelligenza, ragionate con la vostra testa, non permettete ad altri di impadronirsi del vostro pensiero e di farvi guidare perché, in quel caso, la strada che percorrerete non sarà quella della libertà, ma della schiavitù o … minorità … come scrive Kant.

 

                                                        Beniamino Iasiello

 

 

 



[1] Solo la direttrice possedeva la patente per insegnare l’italiano, ma da sola non poteva insegnare a tutte le ragazze che frequentavano

[2] La Gazzetta di Benevento, n.12 del 15 giugno 1882.

[3] Atti del Consiglio Provinciale, 1873, pag.5

[4] Gazzetta di Benevento del 22 maggio del 1887 … non crediamo inutile ripetere ciò che le tante volte abbiamo detto, che cioè sia cosa non solo utilissima, ma necessaria per Benevento di trasferire quivi la scuola normale istituita in S. Bartolomeo, ove non rende che scarsi frutti, per dar fine all’anomalia che in un capoluogo debba esservi una scuola normale femminile, senza la maschile e che più importi migliorare l’istruzione elementare delle donne che quella degli uomini.

[5] Gazzetta di Benevento del 20 novembre del 1887

[6] G. Guacci, Istituto Magistrale nella storia, a cura di Luigi Telaro, pagine18 – 19.

[7] Per poter insegnare era necessario essere in possesso di un certificato che attestava la moralità della maestra e, ironia della sorte, il certificato era rilasciato dall’Amministrazione comunale, cioè dal Sindaco. Lo strapotere dei Sindaci terminò con la riforma Credaro in quanto stabiliva che il pagamento degli stipendi ai maestri fosse a carico del bilancio dello Stato.

[8] Per chi voglia approfondire: Elena Gianini Belotti, Prima della Quiete, Rizzoli 2003

[9] Fabrizio De Andrè: Bocca di Rosa 

[10] Steve Job: conclusione del discorso tenuto nel 2015 agli studenti neo laureati dell’Università di Stanford.

[11] Emanuele Kant: Risposta alla domanda: Che cosa è l’Illuminismo.

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