Per i 150 anni dell’Istituto Magistrale

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benjamin

Prima delle vacanze di Natale, l’Istituto Magistrale ha celebrato i 150 anni della sua istituzione. Per l’occasione la dirigente, prof.ssa Giustina Mazza, ha chiesto di intervenire ad alcuni docenti per esporre le fasi principali attraverso cui l’Istituto è passato. Oltre a me, hanno relazionato il prof. Giovanni Rossetti, il prof. Giancarlo Vergineo e il prof. Luigi Meccariello. Nel mio intervento … La scuola Normale nel Sannio tra l’Ottocento e il Primo Ventennio del XX secolo … ho delineato quegli anni, contrassegnati da audacia e novità d’intenti, che permisero, lentamente di avviare nella nostra provincia la lotta contro l’analfabetismo.

 

 

Intervento – prima parte

La storia del “Guacci” è la storia di un Istituto che, sin dal suo nascere, tra grandi difficoltà e incomprensioni, ha avuto la capacità di intravedere all’orizzonte il futuro che iniziava appena a delinearsi, sempre in grado di avviare processi, capaci di generare nuove dinamiche, e mai occupare spazi, per cui esso ha sempre valorizzato la sua storia che affonda in una tradizione che non è stata mai statica, ma di garanzia per il futuro.

Oggi, invece, in una sorta di follia autodistruttiva, il nostro tempo pare voglia cancellare il passato per vivere in un eterno presente e così precludersi la possibilità di un futuro diverso. Di fronte a questa ossessione per il passato che sembra aver preso la modernità, col mio intervento, quasi in controtendenza, voglio prendere in esame proprio quel passato in cui l’istruzione primaria pubblica nel Sannio iniziò il suo cammino impegnativo e irto di difficoltà nella lotta contro l’analfabetismo dilagante che caratterizzò il XIX secolo e parte anche del XX e che comportava grosse ricadute negative sull’intero tessuto sociale politico e economico.

Perciò ripercorrere i 150 anni di vita dell’Istituto “Guacci” significa, a mio avviso, leggere l’ultimo secolo e mezzo della storia del Sannio non solo in relazione a problemi di natura scolastica, ma anche sociale, politica ed economica, il che non è un puro esercizio retorico, perché conoscere, attraverso i dati a disposizione, quante ragazze, di quegli anni pioneristici, frequentavano la scuola, se erano del capoluogo o della provincia, quante promosse e bocciate, quanti gli abbandoni, la classe sociale a cui appartenevano, è possibile avere un quadro di riferimento per poter comprendere le condizioni, a dir poco disagiate, in cui versava la società sannita, formata essenzialmente da contadini e le enormi difficoltà incontrate, nella sua evoluzione, dalla scuola primaria.

La foto dietro le mie spalle (cliccare in basso) è del 1953 e riguarda Africo un paese della Calabria, ma potrebbe essere di qualsiasi paese del Sud, infatti, essa mi fa ricordare le osservazioni che riportò un maestro supplente sul proprio registro di classe nel mese di febbraio del 1939  

… oggi finalmente il Comune s’è deciso a mandare i carboni, però la scuola è priva del braciere e quindi i carboni possono chiamarsi inutili per me che non ho la possibilità, come l’aveva la titolare di portarlo da casa. La scuola è pure priva di inchiostro e non ha un attaccapanni per il mio soprabito e il cappello.

Era una seconda elementare mista di 53 alunni :24 ragazzi e 29 ragazze di cui ne furono bocciate, rispettivamente 12 e 13. Cioè il 50 % degli alunni.

Sino al primo decennio del Novecento, i maestri, addirittura, anticipavano le somme per le piccole spese che il Comune pagava con molto ritardo … e quest’anno in corso, scrive un maestro al Sindaco … dobbiamo anche noi anticipare denaro per le piccole spese? Di più sono in attesa del mandato delle piccole spese per l’anno scorso .

Erano passati circa 90 anni dall’unità del paese e le condizioni della scuola italiana, nel meridione erano ancora disastrate, nonostante le varie riforme scolastiche a partire dagli anni 60 dell’Ottocento. Ma l’Italia unita aveva ereditato, dal Regno delle due Sicilie e dal Ducato pontificio di Benevento, una situazione, relativa all’istruzione e non solo, quasi del tutto inesistente.

Intanto bisogna ricordare che la provincia sannita, così come, oggi, la conosciamo, è nata con l’Unità d’Italia, prima vi era il ducato pontificio di Benevento e il suo Contado di cui facevano parte Bagnara, S. Angelo a Cupolo, S. Leucio del Sannio, Pastene, Motta, Panelli, invece i paesi che poi costituiranno la provincia del Sannio rientravano nel Principato Ultra che era parte integrante del Regno delle due Sicilie: due storie diverse che non si incrociano nemmeno quando il Regno di Napoli e il Ducato di Benevento furono occupati, tra la fine del 700 e il primo quindicennio dell’800, dalle truppe francesi di Napoleone Bonaparte .

E fu proprio durante questo periodo che nel Ducato e nel Regno la scuola primaria pubblica fu posta al centro dell’attenzione prima con Giuseppe Bonaparte e dopo con Gioacchino Murat, che riprendendo, anche, il X titolo della Costituzione della Repubblica Napoletana del 1799, che ebbe vita breve, appena 6 mesi, sancì che in ogni paese doveva essere aperta una scuola primaria per entrambi i sessi con classi separate. Basti ricordare che a Benevento, 1810, furono aperti il liceo e anche alcune scuole primarie nei paesi del Contado.

Ma con il ritorno dei Borbone a Napoli e del Papa a Benevento, dopo del Congresso di Vienna, le scuole furono soppresse, e con esse svanì il tentativo di organizzare una scuola pubblica laica in quanto fu nuovamente la Chiesa a dirigere l’istruzione non solo nel Ducato, ma anche nel Regno di Napoli. Storie diverse, ma, sostanzialmente, accomunate da uno stato di estrema povertà e di grande ignoranza: i documenti del tempo parlano di una economia in affanno con un grande numero di disoccupati e un analfabetismo che raggiungeva, in entrambe le realtà, percentuali che superavano il 90 – 95 %,

il censimento del 1861 aveva accertato che a

Napoli e Sicilia: su 1000 ragazzi, 131 sapevano leggere e scrivere e 869 erano analfabeti, mentre su mille ragazze: 62 sapevano leggere e scrivere e 938 erano analfabete.

 

Nel 1824, l’Arcivescovo Giovanni Battista Busi esponeva alla S. Sede le misere condizioni dell’istruzione in Benevento e lamentava il … quasi totale abbandono dell’educazione della gioventù … alla quale molto debolmente supplivasi coi pochi né molto scienziati maestri.

Situazione che si protrasse nel tempo tanto che lo stesso arcivescovo nel 1834 a Benevento   fondò la scuola degli “Ignorantelli” affidandone l’insegnamento ai fratelli delle Scuole Cristiane. Detta così perchĂ© i membri della congregazione non insegnavano il latino, ma si dedicavano esclusivamente all’istruzione popolare.

E l’anno prima, nell’esporre la situazione socio - economica di Benevento al papa Gregorio XVI diceva che … nessun opificio, poche fornaci di terracotta, alcuni molini e qualche fabbrica di cera, ma soprattutto erano tantissimi su 17.000 abitanti quelli che … languivano nella miseria per non aver onde porre a profitto le loro braccia.

Identica situazione era nei paesi del Principato Ultra, dove una moltitudine di contadini, col lavoro dei campi, a stento riusciva a mettere insieme il pranzo con la cena e, spesso diventava difficile anche questo.

Alcune delibere decurionali del tempo attestano che … il Comune vive a gabella tutti i generi di consumo, i terreni sono poco fruttiferi, così danno scarsi prodotti, ne segue che la maggior parte de’ naturali campa con una notabile miseria.

Le scuole, per lo più, non venivano quasi mai aperte perché gli Amministratori deliberavano che … visto che le famiglie agiate, GALANTUOMINI E PROPRIETARI, tengono i loro figli per studio ed educazione nei collegi della capitale parte in quelle di Benevento, e le altre del popolo basso adire ai loro figliuoli, se non all’agricoltura … i più grandetti, o maschi o femmine, le mandano nelle campagne di Benevento in ogni frazione, cioè col grastello , col zappello, a supplicare e spicolare i grani per vivere, quelli poi di tenera età li mandano pascolando la pecora, il porcello, la capra … e così si mena la vita miserabilmente in questo predetto Comune, e scalzi e a piedi nudi … e poi la comunità … per tre o quattro scalzoni porterebbe inutilmente una spesa per il maestro. Dimenticando che quei quattro scalzoni rappresentavano la quasi totalità dei sudditi.

E in ciò erano confortati dall’atteggiamento del re Ferdinando II, nemico della cultura, il quale riteneva che in … molti Comuni piccoli e miserabili si potrà fare a meno di queste scuole è perché inutili e sovente dannose … perciò era dell’avviso che il suo popolo… obbedisce alla forza e si curva, ma guai s’egli si raddrizzasse sotto gli impulsi di questi sogni (Libertà, giustizia, Costituzione) che sono così belli nei sermoni dei filosofi ed impossibili in pratica.

In effetti, i contadini, che rappresentavano la stragrande maggioranza della comunità erano quelli che lavoravano, che producevano, che pagavano le tasse, mentre i nobili viventi, come venivano chiamati, perché non avevano bisogno di lavorare per vivere, erano coloro che amministravano il paese, detenevano gran parte della ricchezza e, quasi sempre, le loro famiglie risiedevano a Benevento o a Napoli.

 

Gli Amministratori, che si identificavano con i nobili e i possidenti, non erano per niente interessati all’apertura delle scuole per le quali dovevano provvedere a tutto, dall’inchiostro, al fitto delle aule ai carboni per il riscaldamento, allo stipendio dei maestri, per cui spesso le scuole non venivano aperte perchĂ© le casse del Comune, dicevano, erano sempre deficitarie.                                

In simile situazione, è chiaro che non vi era spazio per creare le condizioni minime per un’istruzione popolare, tra l’altro anche i contadini non sempre ne capivano l’importanza, anzi, a volte, veniva vista con sospetto perché i figli, col loro lavoro, contribuivano alla povera economia familiare.

In effetti, lo stato della scuola pubblica sia nel Regno di Napoli che nel Ducato di Benevento era catastrofico, o per meglio dire era quasi inesistente e tale stato si protrasse fino alla vigilia del 1860 e, ancora, per molti decenni dopo dell’Unità dove la scuola primaria mancava del tutto e laddove esisteva, era spesso senza alunni, e quando anche ci fossero stati gli alunni, essi non avrebbero ricevuto nessuna istruzione, se non nella dottrina cristiana e nelle sole arti donnesche, perché non vi erano i maestri per poter insegnare, al di fuori dei parroci dei vari Comuni che, non sempre, erano disponibili

Proibitiva era la situazione, poi, per l’istruzione delle fanciulle perché non vi erano donne in grado di poter insegnare alcunché, al di fuori dei lavori donneschi.

Con l’unità d’Italia bisogna dire che ci fu maggiore attenzione verso problemi dell’istruzione primaria, anche se l’architettura rimase, per circa un ventennio, identica a quella precedente, e perciò l’istruzione si trovò a vivere le stesse contraddizioni e difficoltà derivanti dalla mancanza di maestri in quanto erano pochissimi quelli che uscivano dalle scuole normali, che erano quelle scuole preposte alla formazione dei maestri, e che non erano presenti in tutti i capoluoghi di provincia. In effetti, con la legge Casati il popolo restava comunque una classe subalterna a cui si doveva fornire un’istruzione rudimentale, sufficiente appena a formare del buoni sudditi fedeli al Re e alla patria.

Nella nostra provincia tutto diventò ancora più difficile perché non esisteva una Scuola Normale, per cui vi fu una vera e propria emergenza educativa.

Inoltre, i Prefetti, che amministravano la provincia di Benevento, intenti nella lotta al brigantaggio, tennero in poco conto l’istruzione elementare. Senza dimenticare che qualche prefetto, calato dal Nord, aveva tanta stima per la città e la sua provincia da considerarle … un’oasi di retrogradume e di superstizione. Considerarle.

Comunque, le prime scuole ad essere aperte tra il 1860 – 1861 furono quelle serali, ad opera di Domenico Mutarelli, un protagonista della vita sociale e politica di Benevento, che ne fu il Direttore, e subito dopo un asilo infantile ad opera dell’iniziativa filantropica dovuta al barone Celestino Bosco Lucarelli che fu anche il primo sindaco della città di Benevento.

 

 Beniamino Iasiello

 

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