Il Canto dei Navajo
Non avvicinarti alla mia
tomba piangendo;
non ci sono, non dormo lì.
Sono mille venti che soffiano,
sono come un diamante nella neve, splendente.
Sono la luce del sole sul grano maturo.
Sono la dolce pioggia autunnale.
Quando ti svegli nel silenzio del mattino,
sono il canto di uno stormo di uccelli.
Sono le stelle che brillano
mentre la notte cade
sulla tua finestra.
Perciò non avvicinarti alla mia tomba piangendo;
Non ci sono. Io non sono morto.
Che dire? La morte è sempre in agguato, ti cammina a fianco ogni giorno, ogni momento e quando arriva con la sua falce non c’è scampo, è solo il compimento di un destino che a volte è troppo crudele: la morte è incapace di emozioni, ha come solo scopo del suo agire quello di eseguire una sentenza inappellabile da parte di Chi ha deciso che, in quel momento, vada reciso il filo della vita. Un compito che nell’antica Grecia toccava alle Parche: Cloto filava il filo della vita, Lachesi fissava il destino degli umani stabilendone anche la durata e Atropo recideva il filo della vita inesorabilmente: il loro verdetto non poteva essere modificato nemmeno dagli dei.
La comunità ceppalonese, oggi, ha perso un amico, una bella persona che la sorte aveva già tremendamente messo alla prova. Ma, come spesso succede, un grande dolore può essere mitigato solo da un lieto evento che permette, molto lentamente, di riaffacciarsi alla vita, di proseguire un cammino lungo il quale ritrovare la volontà di resistere, di non soccombere alle avversità , perché consapevoli che oltre la nera cortina della notte, c’è sempre un’alba che sta per sorgere.
Il miracolo di una nuova vita che ti dà la forza di guardare avanti senza dimenticare l’iniqua sorte del passato, ma, per Emilio, purtroppo, non è stato così! nel momento in cui si era accesa una fiammella, in un cuore già ferito a morte, che diventava sempre più forte, lo si leggeva nel viso a tratti sorridente, un ingiusto destino si è accanito contro la sua persona sino, in breve tempo, a spegnere per sempre la possibilità di un fluire normale del tempo che poteva e doveva essere ancora tanto.
A me non resta che partecipare al grande dolore che ha colpito la sua famiglia e salutarlo con una poesia, un canto navajo secondo alcuni, che ricorda come il viaggio intrapreso non rappresenti la fine, ma l’inizio di una nuova vita che si manifesta nella rivelazione di una natura luminosa dove è possibile cogliere la presenza della persona cara.
Che la terra ti sia lieve.
Beniamino Iasiello